G. Maspero (Pontificia Università della Sante Croce, Roma)
L’interpretazione del Padre Nostro da parte di Gregorio di Nissa si distacca notevolmente sia da Origene sia dalle mistagogie di ambito nordafricano. Infatti, il contesto battesimale che caratterizza queste è sostituito da un contesto eucaristico. Ciò è evidente nella III omelia. L’interpretazione nissena riprende in chiave tipologica l’entrata nel Sancta Santorum del sommo sacerdote dell’Antico Testamento per presentare la Preghiera del Signore come il nuovo Shemà Israel. Ciò permette al Cappadoce di rileggere il testo evangelico in senso trinitario, attraverso l’identificazione del Nome con il Figlio e del Regno con lo Spirito. Quest’ultimo passaggio è favorito sia da una variante lucana diffusa in ambito siriaco cui la liturgia cappadoce era prossima, sia dalla liturgia ebraica. Infatti, al “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno” (Shema’ Ysrael, Adonai Eloheinu, Adonai ehad) seguiva la frase “Sia benedetto il santo Nome del Suo Regno per sempre ed in eterno” (Baruch shem kevod malkhuto leolam va’ed), sviluppo liturgico di Sal 72,19. Così Cristo e l’Eucaristia sono presentati da Gregorio dalla prospettiva del vero Sommo Sacerdote che entra con il Suo corpo nel Santuario che ora è la Trinità stessa. Infatti, il Sommo Sacerdote dell’Antico Testamento entrava nel Sancta Sanctorum per proclamare lo Shemà Israel pronunciando il tetragramma sacro (al posto di Adonai) solo una volta all’anno e proprio in quel momento il popolo ne copriva la voce acclamando il Baruch shem, la benedizione del santo Nome del Suo Regno. In tal senso l’intentio teologica di Gregorio è quella di mostrare come la vera unità divina è trinitaria.
Tale prospettiva lascerà traccia nella storia del pensiero teologico, come dimostra la lettura sempre trinitaria della stessa preghiera proposta successivamente da Massimo il Confessore. L’occasione immediata di tale scelta è la necessità di offrire una catechesi efficace per prevenire le tentazioni pneumatomache, in uno Sitz in Leben segnato da profonde discussioni sulla divinità dello Spirito Santo. Ma nello stesso tempo l’esegesi proposta non è un semplice artificio pastorale, ma si colloca al centro della teologia stessa di Gregorio e della sua teologia trinitaria in particolare, come dimostrano i numerosi parallelismi con un trattato fondamentale per la pneumatologia, quale l’Adversus Macedonianos, e alcune opere della maturità, come l’Ad Ablabium e il De professione christiana.
Gregory of Nyssa’s interpretation of the Prayer of the Lord substantially differs from both Origen’s one and the North-African mystagogies. These were characterized by a baptismal context, that becomes Eucharistic in the Cappadocian’s reading, as it is evident in the III Homily. This typologically describes the moment when the High Priest entered the Sancta Sanctorum according to OT in order to present the Prayer of the Lord as the new Shemà Israel. In this way Gregory can reread the words of the Gospel according to a Trinitarian interpretation, through the identification of the Name with the Son and of the Kingdom with the Spirit. This step is facilitated by both a variant in Luke’s text typical of the Syriac tradition, that was close to Cappadocian church, and Jewish liturgy. In the latter the “Hear, O Israel: the LORD is our God, the LORD is One” (Shema’ Ysrael, Adonai Eloheinu, Adonai ehad) was followed by the acclamation “Blessed be the name of His glorious kingdom for ever and ever” (Baruch shem kevod malkhuto leolam va’ed), liturgically developed from Psal 72:19. So Christ and the Eucarist are presented from the perspective of the true High Priest who enters with his body in the tabernacle, now identified with the Holy Trinity. According to the OT the High Priest could enter the Sancta Sanctorum and proclaim the Shemà Israel pronouncing the holy tetragrammaton (instead of Adonai) just once a year. At the same moment the people used to cover his voice praying loudly the Baruch shem, the blessing of the holy Name of God’s Kingdom. So the theological intentio of Gregory seems to be the identification of real unity with the Trinitarian dimension of the Christian God.
This interpretation will influence the history of theology, as the Trinitarian reading of the same prayer by Maximus the Confessor shows. Gregory’s choice could be connected to the necessity to offer an effective catechistic teaching against the pneumatomachian temptations, in a Sitz in Leben shaken by strong discussions on the divinity of the Holy Spirit. But Gregory’s exegesis cannot be reduced to a pastoral artifice because it corresponds to the very heart of the Cappadocian’s Trinitarian theology, as can be proved by the many parallelisms with the Adversus Macedonianos, his pneumatological treatise, and with some works composed in the last part of his life, as the Ad Ablabium and the De professione christiana.