Diego De Brasi (Philipps-Universität Marburg)
L’interesse di Gregorio per la corporeità umana è più che evidente nella Quarta Omelia sul Padre Nostro. Già l’‘aneddoto’ con cui quest’omelia si apre implica un parallelismo preciso tra il corpo e l’anima che permette di accostare la preghiera e l’arte medica. Questo parallelismo è poi sviluppato anche in chiave onto-antropologica nel corso dell’orazione. Sia l’interesse per la cultura medico-scientifica sia lo sviluppo onto-antropologico del parallelismo tra anima e corpo trovano riscontro anche in uno scritto precedente dal carattere più prettamente filosofico, il trattato Sulla condizione dell’uomo, risalente quasi sicuramente al 379. In particolare bisogna rilevare che in entrambi gli scritti la cultura scientifico-filosofica è utilizzata in modo precipuo per meglio definire e descrivere la duplicità della natura umana. Soprattutto la rappresentazione dell’uomo come creatura intellettiva dotata di un corpo (cf. πᾶσα ἡ λογικὴ κτίσις εἴς τε τὴν ἀσώματον καὶ τὴν ἐν σώματι φύσιν) che perciò è tratta verso la vita terrena (ἡ δὲ ἑτέρα διὰ τὴν τοῦ σώματος ἡμῶν πρὸς τὸ γεῶδες συγγένειαν, οἷόν τινα ἰλύος ὑποστάϑμην, κατ᾽ ἀνάγκην τὸν περίγειον τοῦτον εἴληχε βίον., vd. GNO VII/2 48,14–50,20) riecheggia, sebbene in forma piuttosto ellittica, le considerazioni sulla natura umana esposte nei capitoli 16 e 17 del De hominis opificio, dove Gregorio propone un’analisi precisa della ‘doppia creazione’ dell’uomo in Genesi 1:26–27.
Il contributo si prefigge di offrire una lettura comparata dei due testi con particolare riguardo alla rielaborazione della cultura scientifico-filosofica e alla concezione del corpo ivi presentata. In particolare si cercherà di mettere in relazione l’analisi ontologica della natura umana presentata nel De hominis opificio con l’intenzione parzialmente anche parenetica della IV omelia. Si porrà l’accento su come entrambe le opere offrano una visione positiva della corporeità umana: Sebbene essa non partecipi pienamente dell’immagine divina nell’uomo (cf. hom. op. 204,21–32; 208,15–31 Forbes), risulta indispensabile nell’economia divina per costituire l’uomo ontologicamente quale punto di raccordo tra intellegibile e materiale (GNO VII/2 48,29–49,2), ma anche sul piano morale per garantire il libero arbitrio e offrire al singolo la possibilità dell’ascesi. Da questo punto di vista assumono importanza anche le considerazioni finali riguardo alla richiesta “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, che Gregorio interpreta come un invito a una condotta di vita che si limiti al necessario e riconosca l’effimerità della condizione terrestre.